IMMIGRAZIONE CONTINUA… MA CON UN CERTO PERCHÉ.

La “crisi” in atto sull’isola di Lampedusa sembra avere origine ben diversa rispetto alla Tunisia.
Un semplice elenco di fatti potrebbe far accendere qualche lampadina su come sia in corso un’accurata manipolazione delle tempistiche delle notizie e delle dinamiche di rendicontazione degli avvenimenti.
Innanzitutto la dimensione del fenomeno stimato in circa 115.000 sbarchi: è un dato nostro malgrado alto, ma comunque in linea con i dati di periodi precedenti come ad esempio il 2015-2016 e nettamente inferiore ad altri, come la crisi migratoria greca; come riportato dal portavoce per l’Italia dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in una recente intervista.
I dati dell’ultimo periodo però nascondono una piccola differenza: nel 2015-2016 su un numero paragonabile di sbarchi solo 9 mila transitarono dall’hub di Lampedusa perché la rotta interessata, quella Libica, permetteva una ridistribuzione degli sbarchi anche sui porti siciliani.
Attualmente invece non si parte più prevalentemente dalla Libia ma dalla Tunisia e, per questioni di distanze geografiche, circa 60/70 mila persone su 115 mila transitano per Lampedusa causando un’emergenza operativa per un centro destinato ad accogliere circa 400 persone alla volta e nonostante questo i trasferimenti stanno comunque continuando in maniera abbastanza rapida.
Questa cosiddetta “anomalia tunisina”, vero collo di bottiglia delle rotte migratorie mediterranee, è figlia in una serie di eventi concomitanti: crisi libica, trasformazione del paese stesso da un paese “di transito” a un paese “sorgente” vessato da una crisi economica epocale, in cui i servizi minimi sono al collasso.
Queste condizioni hanno reso la Tunisia il primo paese di partenza delle rotte migratorie dall’Africa verso l’Europa.
Tutto questo avviene, non troppo casualmente, a valle del memorandum di intesa UE/Tunisia fortemente voluto dal governo italiano, a dire il vero con una certa lungimiranza geopolitica, per la gestione delle rotte mediterranee.
Il problema è che gli accordi prevedevano l’erogazione «immediata» alla Tunisia di circa 150 milioni di euro destinati a ridar fiato alle disastrate finanze del Paese nordafricano, in particolare per il finanziamento delle forze di sicurezza destinate alla gestione del fenomeno migratorio.
Quindi mentre l’UE si impantana nelle procedure (o usa queste stesse procedure come pretesto), in Italia non si perde occasione di mettere al centro di uno stucchevole dibattito politico e mediatico la presunta incapacità del governo di: “ottemperare alle promesse elettorali su un argomento che è sempre stato il loro cavallo di battaglia”.
Dopo questo elenco di fatti, a fronte soprattutto degli accordi bilaterali intrapresi coi paesi di origine, ci sentiamo di dire che la creazione di emergenze artificiali per screditare i governi in carica (qualcuno ha detto spread?) è una pratica ormai abusata ma, come da miglior tradizione, non passa mai di moda.
Sicuramente non esisterà un complotto o una vendetta nei confronti di un governo che in alcune sue manovre come la riforma della giustizia e la tassazione sugli extra profitti delle banche, ha toccato dei centri di potere fino ad oggi non solo intoccabili ma anche invisibili, però una certa immotivata sovraesposizione di una situazione, che nei fatti rientra ancora all’interno di dati storicamente legati al fenomeno, non si può negare.
E in fondo troviamo una certa ironia nel vedere alcuni soloni dell’accoglienza indiscriminata provare a screditare il governo in carica perché: “aveva detto che avrebbe fatto il blocco navale e invece non è in grado”, quando magari gli stessi auspicano di impiegare Frontex come un’agenzia che si occupi di soccorrere i barconi, anziché investirla come uno strumento di controllo dei confini degli Stati membri della Comunità Europea. Mundus inversus.

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